23 aprile 2024

Gli invisibili di San Zeno di Alessandro Maurizi


L’appuntato Amelio Venier emise uno sbadiglio e la luce nella lanterna stretta in mano tremò. «Avete sonno?» domandò Federico Giorio, lanciando uno sguardo al militare che camminava al suo fianco. «Sono le quattro del mattino, voi che dite?» Amelio Venier si tolse il berretto di ordinanza e si passò una mano tra i pochi capelli bianchi. Le rughe e le occhiaie non offuscavano la luce nei suoi occhi.

Un giallo storico costruito attorno alla figura, realmente esistita, di Federico Giorgio: come racconta l’autore a fine libro, un giorno camminando per le stradine di Roma assieme all’amico Stefano Di Michele, trovò su una bancarella questo saggio, Ricordi di questura scritto nel 1882 “un pamphlet sfaccettato, un documento di polemica politica, una denuncia contro gli usi e i costumi immorali della polizia di quel tempo”.
Nel romanzo di Alessandro Maurizi Federico Giorio è un giovane procuratore legale, una sorta di sostituto procuratore, che per conto della procura di Verona, sta indagando sul traffico di essere umani dall’Italia verso il sud America. Perché nell’Italia povera, post unitaria, i contadini, la povera gente, veniva invogliata ad imbarcarsi verso il sud America dove avrebbe trovato il bengodi, ricchezza, benessere, un paese accogliente. Per pagarsi questo viaggio queste persone dovevano indebitarsi nei confronti degli agenti di viaggio che, su questa miseria, si arricchivano, nascondendo la realtà che invece si sarebbero trovati di fronte in Brasile. 
Malattie, condizioni di vita difficili, un lavoro ai limiti della schiavitù.

In quelle lettere, che aveva letto decine di volte, Arnaldo lo pregava di fare il possibile per dissuadere i contadini dal partire per il Sudamerica: “Amico mio, sono false le promesse degli agenti di emigrazione, [..] un Paese ove tutto è carissimo, disprezzati e affamati andar cenciosi per le vie della città mendicando un tozzo di pane e morire poi come mosche attaccati dalla febbre gialla”

A capo di questa organizzazione c’è un imprenditore di nome Isaia Bordignon, una persona con amicizie molto importanti a Verona, sia dentro la polizia che dentro le istituzioni. Se ne accorge lo stesso Giorio quando, nel tentativo di fare un blitz presso una tipografia illegale (dove si pubblicano le lettere fasulle di finti migranti in Brasile dove si elogiano le condizioni di vita), scopre che qualcuno ha fatto una soffiata che ha mandato in fumo la sua operazione, a fianco dell’appuntato Venier, un ex militare che nelle guerre di indipendenza aveva combattuto con gli austriaci.

«Abbiamo un caso perfetto per voi, vi dovete fare le ossa... E forse potrebbe aiutarvi a controllare la vostra audacia da novellino.» Il delegato Bernardi tossì per coprire un risolino..

Come punizione per il mancato blitz (e del fatto che al processo non si riescono a portare delle prove di questi traffici) Giorio viene tolto dal procuratore del Re Visentin dall’indagine sul Bordignon e mandato ad indagare su un delitto avvenuto in campagna. Ma quella che voleva essere una punizione si rivela invece un modo per continuare la sua indagine contro questa rete di notabili che specula sull’emigrazione. Il morto è un esattore delle tasse, Angelo Galanti, ed è stato ucciso “in un brutto modo”, l’assassino lo ha voluto far soffrire a lungo, come se dovesse espiare delle colpe:

«Chi l’ha ridotto così?» sussurrò alla fine.
«Siete voi che dovrete scoprirlo. Quest’uomo è stato frustato sulla schiena e sulle gambe. È stato flagellato a lungo.»

Era stato proprio Galanti, di fronte ad un bicchiere di vino che gli aveva sciolto la lingua, che aveva confidato a Giorio che si usavano i decreti ingiuntivi per pagare le tasse come leva per spingere i poveracci ad emigrare, passando proprio per la rete di Bordignon.
Quello di Galanti sarà solo il primo di una serie di delitti in cui il procuratore Giorio dovrà indagare assieme alla sua rete di “invisibili” a cominciare dal fedele appuntato Venier, nauseato di come funzionano le cose nel mondo della polizia, usata più come strumento di repressione che non per la sicurezza dei cittadini. Poi il piccolo Bacchetto, un “pitòco”, figlio di povera gente, che aiuta Giorio in tanti modi, anche come fidato messaggero.
Poi Emilia, una giovane prostituta, la più bella donna di Verona, che per il suo lavoro può raccogliere tante indiscrezioni. Una donna per cui lo stesso procuratore, che è suo cliente, prova un sentimento ambiguo:

Si avviò lungo le scale con l’idea che, da lì a poco, altri avrebbero goduto della bellezza di Emilia. Lei era un sogno e un incubo al tempo stesso, un miscuglio perverso di dolcezza e supplizio a cui non riusciva a sottrarsi.

Infine il dottor Zanconato, medico legale che avrà modo di aiutare le indagini seguendo le autopsie sui cadaveri, assieme alla figlia Ginevra, una giovane ragazza che vuole diventare medico. Un sogno difficile da raggiungere in quella Italia in cui le donne erano relegate al ruolo di madri e mogli.

Sono loro gli “invisibili di San Zeno”, un poliziotto, un procuratore che per calmarsi deve contare le lancette dei secondi, un bambino col cappello da bersagliere, una prostituta e una giovane infermiera: si troveranno ad indagare su una serie di omicidi che scuotono la città di Verona. Dopo Galanti ad essere ammazzati, e torturati in malo modo, come bestie, saranno un prete e un banchiere. Sono persone che, intuisce Giorio, sono legate alla rete di Bordignon, una rete che può godere di ampie protezioni politiche che però non li mette al riparo dalla violenza di questo assassino che, come un’ombra, si muove per le vie di Verona.

Ma è un assassino strano, non solo per il modo in cui uccide, ma perché sembra voler lasciar dietro di sé una scia, dei sassolini che gli “invisibili” riescono a cogliere e che li aiuta, un passo alla volta, a scoprire il perché di quella scia di sangue.

Era un’indagine bastarda, Venier lo sapeva bene, ma cosa aveva da perdere?

Avrebbe aiutato quel testone di Giorio, ben consapevole che sarebbe stata l’ultima indagine della sua vita.

In questa indagine Giorio si rende conto, anche mettendo a rischio la sua incolumità, di quanto siano vasti gli interessi attorno al business dell’emigrazione, a partire dalla stessa Chiesa, che è stata privata dei suoi beni dopo l’unità, che guadagna sulla pelle delle persone che si imbarcano verso il sudamerica:

Aveva avuto la conferma dei suoi sospetti: il cardinale sapeva che dai pulpiti delle chiese alcuni sacerdoti esortavano i migranti a partire, ma non era riuscito a sapere i loro nomi.
Ma anche la politica ha interesse nel favorire l’emigrazione di questa povera gente che, non solo veniva costretta a vendere i pochi beni per partire, dove anche firmare delle carte in cui rinunciava a chiedere aiuto ai consolati se avesse deciso di tornare in Italia:

«L’emigrazione è una vera e propria valvola di sicurezza per la pace sociale, a meno che non si voglia immaginare un continuo malessere generale, un lungo periodo di malattie, malcontento, manifestazioni e rivolte.»

Meglio mandarli via, come merce senza valore, questi poveracci, prima che inizino a diventare un problema per la classe egemone del paese, prima che si permettano di chiedere una vita migliore, una migliore istruzione, la fine del latifondo e dello sfruttamento.

Giorio, con la foga della sua giovane età, se lo sente addosso il dolore di queste persone, delle loro famiglie: questa indagine diventa così la sua missione, mettendosi in cattiva luce sia col procuratore del re, ma anche con la polizia (con tanto di assassino di comodo pescato nel mondo degli anarchici).

Questo giallo storico parla dell’Italia di ieri, liberale e latifondista, che per certi versi non sembra nemmeno lontana dall’Italia di oggi: tra le pieghe del potere troviamo ancora oggi imprenditori vicini a politici che ne garantiscono impunità. Ad emigrare dall’Italia sono i giovani, spesso laureati, costretti ad andare all’estero per trovare una vita migliore. Ma il racket dell’emigrazione, delle organizzazioni internazionali che fanno affari sulla pelle dei poveracci, è rimasti.

Ma queste sono mie considerazioni: quello che è certo è che seguiremo le indagini del procuratore Giorio nei prossimi romanzi della serie, che sono certo saranno interessanti come questo primo.

La scheda del libro sul sito di Mondadori

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21 aprile 2024

Report – lo spot sui migranti, il caso Santanché e il marmo di Carrara

(HOT)SPOT ALBANESE di Giorgio Mottola

L’Albania gestirà per noi i migranti intercettati dalla nostra marina in due centri di accoglienza: per la loro gestione spenderemo fino a 1 miliardo. Ma chi ci ha guadagnato e guadagnerà da questo accordo?

Il provvedimento è passato il 15 febbraio al senato, quasi nell’indifferenza dei parlamentari, cresciuta solo al momento della votazione.

Questo è un modello anche per l’Europa, ha dichiarato Von Der Leyen: un modello ideato dalla presidente del Consiglio Meloni, che lo scorso novembre lo ha spiegato in una conferenza stampa assieme al presidente albanese.
I migranti presi in acque internazionali potrebbero venir dirottare al porto di
Shengjin, dove verranno identificati per poi essere spostati in una località 30 km a nord a Gjader, in questa area militare cinta dalle montagne e in mezzo al nulla il governo albanese costruirà una struttura di accoglienza da 70mila metri quadrati in cui saranno detenuti i migranti. Secondo la relazione tecnica del governo il costo complessivo dell’intera operazione sarà di 650 ml di euro in 5 anni.

Ma è una cifra a preventivo – spiega Michele Vannucchi analista di Openpolis – bisognerà poi aspettare l’effettiva attuazione del protocollo per vedere quali saranno i costi effettivi, sempre che sarà rilasciata una documentazione a riguardo.
Non abbiamo quindi un’idea precisa di quanto questa operazione verrà a costare, a parte le stime che sono già state viste al rialzo. Perché nelle stime iniziali presentate al Parlamento lo scorso dicembre per la costruzione dell’hotspot al porto di
Shengjin e del centro di Gjader sono stati previsti in totale 39 ml di euro, ma in tre mesi la cifra è quasi raddoppiata: con un emendamento dello scorso marzo il governo Meloni l’ha elevata a 65 ml di euro, nell’area dove sorgerà il centro infatti manca tutto, non c’è elettricità, non ci sono fognature e anche le strade oggi sterrate vanno rifatte. Così i 650 ml di euro inizialmente preventivati sono già diventati 825 ml di euro, ma la questione dei costi non frena il governo, che è intenzionato a completare la costruzione entro il 20 maggio, a ridosso – guarda caso – delle elezioni europee, come assicura il ministro Piantedosi che gestirà gli appalti.

In una conferenza stampa il ministro assicura che il nostro genio militare si recherà in Albania, abbiamo lì i nostri vigili dei fuoco, “un concerto di istituzioni del nostro governo che lavoreranno per una rapida realizzazione di questo importante centro”.

Ma i lavori fuori da Shengjin sono fermi, come anche a Gjader: la data consegna dei lavori è già slittata a novembre, con conseguente aumento dei costi. Ma il ministro Piantedosi in conferenza stampa a questo non ne fa cenno.

Secondo quanto ha racconta la presidente Meloni, porteremo in Albania 36mila migranti l’anno, perché si processeranno 3000 richieste di asilo al mese. Tuttavia dopo le sentenze dei tribunali italiani che hanno di fatto bloccato il decreto Cutro, le procedure accelerate su cui fa affidamento la presidente del Consiglio, non sono mai veramente partite. Quindi l’ottimismo della volontà deve fare i conti col pessimismo della burocrazia governativa. Ne sono ben consapevoli i volontari dell’Arci che ogni giorno prestano assistenza ai richiedenti asilo e ai rifugiati che chiamano da tutta Italia.
Per presentare la richiesta ci vogliono da due a tre mesi – spiegano al giornalista di Report – “dopo di che, per arrivare all’audizione, i tempi che noi conosciamo, detti dalla commissione di Roma, stanno gestendo le domande di maggio 2022, quindi mediamente di due anni fa. ”
Servono due anni solo per avere una data di audizione e poi ci sono i tempi di attesa del risultato dell’audizione, i tempi del rilascio del permesso di soggiorno. E quanto ci vuole per arrivare ad una risposta? Sempre dall’Arci spiegano che per una risposta si può ipotizzare almeno altri due anni e mezzo. Eccolo, il bluff, che è sotto gli occhi di tutti.

Ma come ha fatto il governo Meloni a fare questo annuncio sui 28 giorni per una richiesta di asilo? Basterebbe farsi un giro davanti alla Questura di Tor Sapienza a Roma, in un alba di lunedì mattina: in fila ci sono decine di persone a fare domanda per l’asilo politico, persone in attesa da ore, alcuni hanno passato anche la notte in fila, gente che ha presentato la prima domanda nel 2022. Si sono portate da casa coperte e vivere per aspettare l’apertura delle porte della Questura di Tor Sapienza, l’unico ufficio nella capitale ad occuparsi delle richieste di asilo politico.

Ma è il Viminale stesso che smentisce le previsioni di Meloni sui migranti che verranno spediti in Albania: nel bando per la gestione dei centri di accoglienza in Albania si parla di 1017 persone che verranno mandate in Albania, Dunque se anche si mantenesse il ritmo dei 28 giorni per smaltire la richiesta di asilo, nei centri si alternerebbero al massimo 11 mila persone. Non solo: nel capitolato dell’accordo si parla di 33 ml di euro che, considerata la spesa media di 33 euro per migranti, significa che si prevede che in un anno in Albania arriveranno 2822 persone. Persone, non migranti.

Stiamo dando i numeri, sui migranti. Ma questi soldi spesi per il modello che l’Europa ci invidia, funzionerà o meno? L’ottimismo della Meloni sarà sufficiente? Arriveremo a gestire le richieste di asilo in 28 giorni (dai due anni e mezzo di oggi)?
C’è il rischio che si divideranno le famiglie, per gestire le pratiche dei migranti spenderemo 6 milioni di euro per avvocati di ufficio, spenderemo 200ml di euro per gli agenti che verranno mandati in Albania.

Ma dove provengono i soldi per l’intera operazione Albania? Un po’ sono stati sottratti ai ministeri, come quello di Salvini, o a quello dell’università (55ml di euro), istruzione (3 ml), ambiente (5 ml).

Ma non basteranno: ci saranno le varianti in corso d’opera che sicuramente spunteranno.

Sono soldi buttati a mare” è la considerazione di monsignor Gian Carlo Perego – presidente della fondazione Migrantes che si occupa dei migranti: l’80% di queste persone, non solo migranti, ce li ritroveremo in Italia, per un esame della loro domanda. “Si tratta solo di uno spot elettorale che risponde ai programmi ideali per cui non faremo entrare i migranti, quelli che non hanno diritto”.
Infatti, una volta ottenuto l’esito della richiesta di asilo i 3000 migranti dovranno tornare in Italia sia se la risposta è positiva che negativa, una “mini crociera coatta nel Mediterraneo che secondo le stime del governo costerà 95 ml di euro in 5 anni solo per il noleggio delle navi” spiega nel servizio Giorgio Mottola.

A cosa serve questo accordo allora? Il ministro Tajani ha provato ad abbozzare una risposta, “per alleggerire il peso della ricezione dei migranti..”

L’anno scorso in Italia sono sbarcati 150mila migranti, dunque i 3000 che andranno in Albania solo solo una quota irrisoria, se poi teniamo conto che i migranti non rimpatriati torneranno in Italia, viene veramente da chiedersi se questo giochetto ha un senso.

Il governo vorrebbe dirottare in Albania i migranti dai paesi con cui abbiamo accordi bilaterali: ma come si fa a selezionare i migranti in acque internazionali? “Si capisce uno da dove viene..” dice il ministro Tajani, “basta fare qualche domanda e si capisce”.

Sulle navi italiani dovrebbero esserci dei mediatori e interpreti come personale di bordo, che solo in Africa sono più di 3000 tra lingue e dialetti.
Per capire se questo approccio possa funzionare Report ha chiesto un parere ai volontari di Medici senza Frontiere, che salvano vite umane ogni giorno in mare: pochi dei migranti salvati viaggiano col passaporto, viene preso dai carcerieri in Libia o negli altri paesi di transito, è molto difficile stabilire l’origine di queste persone che nel lungo viaggio sono state sequestrate, finite in prigione, nei centri di detenzione.
La selezione in mare in base alla provenienza non è l’unico criterio: in Albania non finiranno i minori e le donne incinta. Ma anche questi criteri sono difficilmente rilevabili in mare.
Ma allora quanto è facile selezionare a bordo di una nave, dopo un salvataggio, i soli soggetti vulnerabili? “é molto difficile” rispondono da MSF “ovviamente possiamo distinguere i minori o i bimbi, le donne, ma ci sono tante ferite che non si vedono, invisibili, che rimarranno sulle persone per tanti anni, per tutta la vita. Abbiamo un esempio molto chiaro, nel novembre 2022 abbiamo cercato di fare uno sbarco selettivo, cercando di sbarcare prima le persone che avevano bisogno di medici in modo urgente, donne e bambini, mentre i maschi sono rimasti a bordo, finché la sanità marittima è salita a bordo con psicologi e psichiatri, ha valutato i loro casi e ha detto che queste persone sono sotto choc, tutte devono sbarcare al più presto..”.

L’accordo con l’Albania nasce anche dai buoni rapporti tra Meloni ed Edi Rama, leader del partito socialista: se l’Italia chiama, l’Albania c’è – racconta alla conferenza stampa.

Ma Rama ha rifiutato l’intervista a Report che ha deciso di andare a Tirana per fare qualche domanda: quella di Rama non è una generosità gratis, noi italiani pagheremo le spese per la sicurezza, per le strade, per arrivare ad altri 100milioni di euro di spese aggiuntive.
L’Italia aprirà due fondi di garanzia per coprire le spese: Report è entrata in possesso di un documento in cui l’imprenditore Becchetti ha pignorato questi fondi. Questo imprenditore italiano ha portato in tribunale il governo albanese, che ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti.

Becchetti è oggi a Londra, dove si è rifugiato: Becchetto era arrivato in Albania, dove è prima cercato di entrare nel settore idroelettrico, poi nel settore televisivo con Agon Channel.

La magistratura albanese ha condannato Becchetti che a sua volta si è rivolto al tribunale internazionale per le controversie tra aziende, che ha riconosciuto i danni ricevuti, per 135milioni.

Siccome Edi Rama ha deciso di non pagare, Becchetti ha deciso di pignorare i conti dell’accordo tra Italia e Albania: una minaccia che i due governi, italiano e albanese, hanno preso seriamente.

Così nell’accorso è stata aggiunta una norma anti pignoramenti.

C’è un altro problema: se dovesse cambiare governo in Albania, questo accordo, con tutti gli investimenti fatti, potrebbe addirittura saltare.

L’accordo durerà cinque anni, prorogabile di altri cinque anni: ma con un altro governo questo potrebbe non essere rinnovato, perché oggi all’opposizione c’è la destra di Sali Berisha, molto ostile nei confronti di questo accordo Italia Albania.

Nel passato, col ministro Castelli alla giustizia, l’Italia ha costruito un carcere in questo paese per portarci i nostri condannati di origine albanese. Ma a fine costruzione, prima del collaudo, il carcere fu riempito da carcerati albanesi. Abbiamo costruito un carcere per gli albanesi coi soldi nostri.

L’Albania sta attuando adesso delle riforme per modificare la sua immagini, anche sul tema corruzione: la nuova riforma della giustizia prevede un controllo dei magistrati da parte di una commissione nominata dal parlamento, i magistrati sono controllati e intercettati da poliziotti che sono sotto il controllo della politica.

Di fatto il governo sta facendo una caccia alle streghe ai magistrati sgraditi (un po’ come sembra stia succedendo in Italia da anni), come successo al magistrato Hajdarmatay, che è stato rimosso dal suo posto. Aveva fatto delle inchieste su membri del governo Rama, come il ministro dell’interno, che era coinvolto in un traffico di stupefacenti con l’Italia.

L’ex poliziotto Zagani, che aveva seguito delle indagini su questo traffico, oggi vive in Svizzera: aveva scoperto la rete del traffico di droga dalla mafia siciliana verso un cugino dell’ex ministro dell’interno. Dopo aver scoperto questi collegamenti Zagani è stato accusato e mandato in prigione: alla fine è stato condannato per abuso d’ufficio, la stessa pena comminata al ministro per una medesima indagine partita dall’Italia.

L’ex magistrato Mandoi ha raccontato a Report di come la mafia albanese sia ingrado di condizionare da vicino il governo Rama: il fratello del premier ha usato una macchina per i suoi spostamenti di proprietà di boss del narcotraffico.

La mafia albanese è forte perché parte da uno stato debole – racconta il magistrato Gratteri – lavora in sudamerica e garantisce traffici di droga stabilmente verso l’Italia.

Chi sono gli uomini che hanno stretto questo accordo? Mottola ha incontrato a Tirana l’ex generale Lisi, ex capo dell’Interpol. Sarebbe stato legato in relazioni pericolose con i trafficanti di droga – racconta a Report l’ex poliziotto Zagani.

Lisi è stato in contatto con l’avvocato Agaci, che lavorava per lui come consulente: Agaci ha difeso nel passato anche boss del narcotraffico: molti di questi venivano condannati in Italia e poi estradati in Albania, dove scontavano pene inferiori o venivano liberati.

Oggi Agaci lavora come segretario generale del governo Rama: il suo è un ruolo come quello di Gianni Letta coi governi Berlusconi, è il consulente giuridico di Rama.

Perché si sono costruiti centri di accoglienza in Albania quando avevamo centri di accoglienza in Italia (oggi chiusi come il Cara di Mineo)?

I centri in Albania a fine gestione rimarranno di proprietà dell’Albania. A chi giova tutto questo?

Il marmo della duchessa - IL MARMO È PERPETUO Di Bernardo Iovene

Dalle Alpi Apuane si ricava il pregiato marmo di Carrara, in galleria, sul fianco della montagna: le autorizzazioni sono concesse dal comune, le aziende che si occupano dell’estrazione fanno affari milionari. Il blocco perfetto può arrivare fino a 10mila euro a tonnellata.

I blocchi sono trasportati dai monti, ormai tagliuzzati e sfregiati dalle estrazioni, a valle, su strade bianche per la polvere di calcio.

I cavatori quanto pagano in concessioni? Il marmo è un indotto per la città, ma c’è anche un costo ambientale: come racconta il servizio di Iovene questo settore del marmo non è regolamentato come dovrebbe, a cominciare da come sono state rovinate le creste delle montagne (come il Bettogli).
Si sono intombati i fiumi, per far spazio ad un piazzale che serviva alle imprese del marmo, col risultato che il fiume poi scorre sulle strade.

Le acque che scendono dalle montagne escono da sorgenti carsiche: la marmettola, la polvere di marmo che si produce con la produzione, sta inquinando le acque dei fiumi. Non c’è solo la polvere del marmo, ci sono anche oli e prodotti per l’estrazione del marmo.

La marmettola colora di bianco il fiume, come il Carrione di Carrara e uccide la flora e la fauna attorno ai fiumi: anziché trattarla come dice la legge, le imprese la sversano a valle, la spruzzano nell’aria, compiendo dei reati.

Gli attivisti dell’associazione Apuane Libere hanno fatto tante denunce, raccogliendo querele dai concessionari, per zittirli.

C’è poi il rischio di alluvioni per le terre che arrivano dai ravaneti, che con le piogge scendono a valle.

La polvere copre le strade, i mobili delle case di Carrara creando problemi alle persone, così il comune, indebitandosi fino al collo, ha inaugurato una nuova strada in galleria per i camion, nel 2012. Ogni anno spendono 5ml di euro per il mutuo per questa strada, che almeno ha alleviato i problemi delle persone.

Peccato che il comune non abbia però i soldi per sistemare le strade, “rotte” per il peso dei camion, che a sua volta si rovinano per le buche, per le fratture della strada, per gli alberi sui bordi.

Dove finiscono le tasse pagare dai concessionari, pari a 25ml di euro l’anno? Il comune sta sistemando le strade, spiega l’assessora, dove ha messo a bilancio 100mila euro di spese straordinarie.

Le alpi Apuane sono un patrimonio paesaggistico e un bene comune, e dovrebbero essere protette: i cavatori le usano come loro proprietà appellandosi ad un editto del 1750, il 30% dei cavatori dunque non pagano alcuna concessione al comune.

I contributi di estrazione, circa il 10% del valore del blocco, si calcolano in media sull’estrazione dalla stessa cava: un blocco che vale 10mila euro paga al massimo 67 euro al massimo, un bell’affare per il cavatore.
Il presidente di Confindustria che ha parlato con Report sugli aspetti delle tasse non era informato: gli estrattori pagano il canone di concessione del 5%, ma il 30% delle cave non paga il canone per questo benedetto editto ancora usato nell’anno di grazia 2024.

Il consiglio comunale ha cercato di far diventare quelle cave beni pubblici senza successo: parlano proprio di esproprio i concessionari, quando gli si dice che si appellano ad un editto di Maria Teresa.

Dopo 10 anni dal primo servizio di Report, Iovene è tornato in regione Toscana: toccherebbe al Parlamento togliere l’editto della duchessa, ma dal 2018 il parlamento non si è mai attivato.

Così i cavatori hanno fatto l’ennesima causa al comune di Carrara, che vorrebbe trasformare questi beni in beni pubblici (e non più beni estimati): la causa è ferma in Cassazione.

Il valore delle tasse non incassate per questi beni estimati è pari al 4 ml di euro, che servirebbero al comune per sistemare le strade (e magari per regolare meglio l’impatto ambientale delle cave sul terreno).

Dal 2042, il restante 70% dei cavatori andrà a gara, con una convenzione firmata da tutti: ma anche questa messa a gara è stata poi appellata con l’obiettivo di arrivare ad una concessione infinita.

Eppure le aziende del settore marmo i soldi in cassa li hanno, dai conti emergono degli utili quasi “imbarazzanti” spiega il consulente di report Bellavia: la Marbo ha un utile del 41%, con 7 dipendenti, la Sagevan con 12 dipendenti ha 12ml di fatturato e 9 ml di utile.

Pochi dipendenti, tanta liquidità, un alto patrimonio netto: neanche nella moda si arriva a queste redditività, le aziende del marmo fanno meglio di Armani e Prada.

Pochi dipendenti ma tanti infortuni: questo sistema industriale non è più sostenibile, né dal punto di vista ambientale né da quello sociale. Di diverso avviso l’AD della Franchi (17ml di utile), chi si fa male è un deficiente, perché non rispettano le norme.

C’è un problema di redistribuzione della ricchezza a Carrara, alla fine lo ammette anche il presidente di Confindustria: con la convenzione firmata, poi appellata, i cavatori si impegnano a fare opere pubbliche sul territorio, in cambio dell’allungamento del tempo delle gare.
Ma sono gli industriali che decideranno quali progetti fare sul territorio: alla fine anche con la convenzione non c’è nessun vero ritorno sul territorio, solo 25ml di euro per guadagni totali che per tutti gli anni fino alle gare assommano a 6 miliardi di euro.

La santa famiglia - LA SANTA RESA DEI CONTI di Giorgio Mottola

Falso in bilancio e danno all’Inps: questi reati contestati alla ministra Santanché, che si è difesa dicendo che se c’è stata truffa è avvenuta a sua insaputa.

La procura di Milano ha notificato il primo avviso di conclusioni indagini: la GDF avrebbe trovato riscontri alle denunce della dipendente Bottiglione, la prima a denunciare il fatto di aver lavorato in cassa integrazione nel periodo del covid. Oggi l’ex dipendente Bottiglione è stata licenziata, proprio per questa denuncia: ha scoperto di essere stata messa a cassa integrazione a zero ore solo dopo essere andata al CAF.

Report aveva già mandato in onda la telefonata tra Bottiglione Kunz, dove si parla della cassa integrazione: ora vengono fuori delle mail inviate al responsabile delle risorse umane.

Ma anche altri dipendenti erano stati messi in cassa integrazione a zero ore, ovvero a carico dello Stato.

Ma la ministra Santanché lo sapeva che i dipendenti di Visibilia lavoravano pur essendo in cassa integrazione? In base alle mail di Report, del settembre 2021, tra la Bottiglione e il responsabile risorse umane, pare proprio che Santanché sapesse (in copia alle mail).

Ci sono poi le firme dei verbali dei cda, dove a fianco al nome Santanché appare quello di Bottiglione.

C’è poi la questione dei bilanci di Visibilia truccati: queste società non hanno mai guadagnato, spiega il consulente Bellavia, Visibilia è stata sempre in perdita, ma i ricavi venivano gonfiati fattiziamente per truccare i bilanci, usando fatture inventate.

Oppure dei crediti inesigili lasciati a bilancio (o intestati all’ex compagno della ministra), mentre avrebbero dovuto essere tolti.

Visibilia lascia sul campo 3ml di debiti, Ki Group oltre 10 ml: nonostante questo queste società hanno sempre goduto un trattamento di favore con gli istituti di credito, come MPS.

MPS nel 2017 è stata nazionalizzata, dunque i 5ml di debiti della Santanché ce li siamo addossato noi, per tramite la Amco, società del ministero dell’economia.

Alla fine Santanché e Mazzaro hanno proposto alla Amco di rientrare solo per 600mila euro, solo il 10% del debito, soldi dello stato che perderemo.

Anteprima inchieste di Report – lo spot sui migranti, il caso Santanché e il marmo di Carrara

Gli accordi con l’Albania

A chi convengono davvero gli accordi con l’Albania firmati dal governo Meloni? Daremo circa un miliardo (in totale) per gestire i “nostri” migranti. Chi sono gli uomini dentro questi accordi, come verranno utilizzati questi soldi?


Secondo questi accordi, un certo numero di immigrati recuperati nel Mediterraneo verranno trasferiti nei CPR costruiti in Albania, dovrebbero essere quelli “facilmente” rimpatriabili nei paesi d’origine, ma in che modo potrebbe avvenire la selezione? In base alla lingua per comprenderne la provenienza? Sulle navi italiani dovrebbero esserci dei mediatori e interpreti come personale di bordo, che solo in Africa sono più di 3000 tra lingue e dialetti.
Per capire se questo approccio possa funzionare Report ha chiesto un parere ai volontari di Medici senza Frontiere, che salvano vite umane ogni giorno in mare: pochi dei migranti salvati viaggiano col passaporto, viene preso dai carcerieri in Libia o negli altri paesi di transito, è molto difficile stabilire l’origine di queste persone che nel lungo viaggio sono state sequestrate, finite in prigione, nei centri di detenzione.
Ma allora quanto è facile selezionare a bordo di una nave, dopo un salvataggio, i soli soggetti vulnerabili? “é molto difficile” rispondono da MSF “ovviamente possiamo distinguere i minori o i bimbi, le donne, ma ci sono tante ferite che non si vedono, invisibili, che rimarranno sulle persone per tanti anni, per tutta la vita. Abbiamo un esempio molto chiaro, nel novembre 2022 abbiamo cercato di fare uno sbarco selettivo, cercando di sbarcare prima le persone che avevano bisogno di medici in modo urgente, donne e bambini, mentre i maschi sono rimasti a bordo, finché la sanità marittima è salita a bordo con psicologi e psichiatri, ha valutato i loro casi e ha detto che queste persone sono sotto choc, tutte devono sbarcare al più presto..”.
Secondo l’accordo sono circa 36mila i migranti che verrebbero dirottato ogni anno in Albania perché ritiene che il suo governo sia in grado di processare 3000 richieste di asilo al mese, tuttavia dopo le sentenze dei tribunali italiani che hanno di fatto bloccato il decreto Cutro, le procedure accelerate su cui fa affidamento la presidente del Consiglio, non sono mai veramente partite. Quindi l’ottimismo della volontà deve fare i conti col pessimismo della burocrazia governativa. Ne sono ben consapevoli i volontari dell’Arci che ogni giorno prestano assistenza ai richiedenti asilo e ai rifugiati che chiamano da tutta Italia.
Per presentare la richiesta ci vogliono da due a tre mesi – spiegano al giornalista di Report – “dopo di che, per arrivare all’audizione, i tempi che noi conosciamo, detti dalla commissione di Roma, stanno gestendo le domande di maggio 2022, quindi mediamente di due anni fa. ”
Servono due anni solo per avere una data di audizione e poi ci sono i tempi di attesa del risultato dell’audizione, i tempi del rilascio del permesso di soggiorno. E quanto ci vuole per arrivare ad una risposta? Sempre dall’Arci spiegano che per una risposta si può ipotizzare almeno altri due anni e mezzo. Eccolo, il bluff, che è sotto gli occhi di tutti.



Ma come ha fatto il governo Meloni a fare questo annuncio sui 28 giorni per una richiesta di asilo? Basterebbe farsi un giro davanti alla Questura di Tor Sapienza a Roma, in un alba di lunedì mattina: in fila ci sono decine di persone a fare domanda per l’asilo politico, persone in attesa da ore, alcuni hanno passato anche la notte in fila, gente che ha presentato la prima domanda nel 2022. Si sono portate da casa coperte e vivere per aspettare l’apertura delle porte della Questura di Tor Sapienza, l’unico ufficio nella capitale ad occuparsi delle richieste di asilo politico.

Ma è il Viminale stesso che smentisce le previsioni di Meloni, nel bando per la gestione dei centri di accoglienza in Albania si parla di 1017 persone che verranno mandate in Albania, dunque se anche si mantenesse il ritmo dei 28 giorni per smaltire la richiesta di asilo, nei centri si alternerebbero al massimo 11 mila persone. Non solo: nel capitolato dell’accordo si parla di 33 ml di euro che, considerata la spesa media di 33 euro per migranti, significa che si prevede che in un anno in Albania arriveranno 2822 persone. Persone, non migranti.
“Sono soldi buttati a mare” è la considerazione di monsignor Gian Carlo Perego – presidente della fondazione Migrantes che si occupa dei migranti: l’80% di queste persone, non solo migranti, ce li ritroveremo in Italia, per un esame della loro domanda. “Si tratta solo di uno spot elettorale che risponde ai programmi ideali per cui non faremo entrare i migranti, quelli che non hanno diritto”.
Infatti, una volta ottenuto l’esito della richiesta di asilo i 3000 migranti dovranno tornare in Italia sia se la risposta è positiva che negativa, una “mini crociera coatta nel Mediterraneo che secondo le stime del governo costerà 95 ml di euro in 5 anni solo per il noleggio delle navi” spiega nel servizio Giorgio Mottola.

A cosa serve questo accordo allora? Il ministro Tajani ha provato ad abbozzare una risposta, “per alleggerire il peso della ricezione dei migranti..”

L’accordo tra i due governi è stato firmato lo scorso 15 febbraio: vista l’importante mole di soldi previsti dietro questa operazione è opportuno che si spieghi ai cittadini come si intendono usare queste risorse pubbliche.
Nel porto di
Shengjin i migranti dovrebbero rimanere il tempo necessario per una prima identificazione per poi essere spostati in una località 30 km a nord a Gjader, in questa area militare cinta dalle montagne e in mezzo al nulla il governo albanese costruirà una struttura di accoglienza da 70mila metri quadrati in cui saranno detenuti i migranti. Secondo la relazione tecnica del governo il costo complessivo dell’intera operazione sarà di 650 ml di euro in 5 anni.

Ma è una cifra a preventivo – spiega Michele Vannucchi analista di Openpolis – bisognerà poi aspettare l’effettiva attuazione del protocollo per vedere quali saranno i costi effettivi, sempre che sarà rilasciata una documentazione a riguardo.
Non abbiamo quindi un’idea precisa di quanto questa operazione verrà a costare, a parte le stime che sono già state viste al rialzo. Perché nelle stime iniziali presentate al Parlamento lo scorso dicembre per la costruzione dell’hotspot al porto di
Shengjin e del centro di Gjader sono stati previsti in totale 39 ml di euro, ma in tre mesi la cifra è quasi raddoppiata: con un emendamento dello scorso marzo il governo Meloni l’ha elevata a 65 ml di euro, nell’area dove sorgerà il centor infatti manca tutto, non c’è elettricità, non ci sono fognature e anche le strade oggi sterrate vanno rifatte. Così i 650 ml di euro inizialmente preventivati sono già diventati 825 ml di euro, ma la questione dei costi non frena il governo, che è intenzionato a completare la costruzione entro il 20 maggio, a ridosso – guarda caso – delle elezioni europee, come assicura il ministro Piantedosi che gestirà gli appalti.
In una conferenza stampa il ministro assicura che il nostro genio militare si recherà in Albania, abbiamo lì i nostri vigili dei fuoco, “un concerto di istituzioni del nostro governo che lavoreranno per una rapida realizzazione di questo importante centro”.
Nel suo intervento il ministro fa promesse sulle tempistiche ma non menziona il problema dei costi: Report con Giorgio Mottola avrebbe voluto porre la domanda ma Piantedosi ha stoppato tutto, “il tempo per le domande è finito”. Evidentemente non è ritenuta una domanda opportuna, 600 milioni di euro per 3000 migranti. Come mai i costi sono raddoppiati? Qualcuno ci sta mangiando sopra?

La scheda del servizio: (HOT)SPOT ALBANESE

di Giorgio Mottola

Consulenza Thimi Samarxhiu

Collaborazione Greta Orsi

Il governo Meloni ha raggiunto un accordo per spedire in Albania una parte dei migranti che tentano di entrare in Italia attraverso il Mediterraneo. Già da qualche settimana sono cominciati i lavori per la costruzione dei due centri di accoglienza dove secondo le previsioni della presidente del Consiglio verranno dirottati circa 36 mila richiedenti asilo all’anno. Ma come ha scoperto Report, i costi sono già fuori controllo. A fronte dei 650 milioni di euro inizialmente preventivati per 5 anni, la spesa complessiva potrebbe superare la soglia di 1 miliardo di euro. E anche le previsioni fatte dal governo sul numero dei migranti sembrerebbero troppo ottimistiche. Spenderemmo dunque cifre spropositate, rispetto ai costi di gestione ordinari in Italia, per spedire in Albania a mala pena 3000 migranti all’anno che comunque dovranno successivamente essere trasferiti in Italia. Dunque, chi beneficerà davvero di questo accordo? Report ha trovato alcune inaspettate e inquietanti risposte in Albania, definita da molti osservatori internazionali un “Narcostato” a causa del forte condizionamento dei cartelli della mafia albanese sulle attività del governo. Una mafia cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, sotto lo sguardo vigile anche delle autorità italiane.

Lo sfruttamento delle cave di marmo

Nell’Italia del 2024 ci sono delle aziende che pretendono di poter estrarre il marmo dalle cave di Massa Carrara senza pagare concessioni, basandosi su un editto del 1751.

Farebbe ridere la storia, che Report aveva raccontato già nel 2013: sono situazioni da commedia all’italiana che purtroppo sono vere. Come se vivessimo ancora nell’era dei ducati e principati.
Parte dell’industria del marmo a Carrara – racconterà il servizio di Bernardo Iovene - ha approfittato di questa situazione di privilegio (a discapito del libero mercato), portando avanti uno sfruttamento delle montagne che avviene senza regolamentazione.


Giacomo Faggioni è membro della commissione di tutela dell’ambiente montano del CAI, a Report mostra gli effetti dell’erosione delle montagne, sulla cresta Nera ad esempio, dove la cresta viene tagliata ogni anno, o come il Bettogli, la cui cresta è stata completamente cancellata: “è ovvio che al di là della parte normativa, legale [che da la pezza d’appoggio a questo sfruttamento], poi c’è una realtà che contraddice”.
Per facilitare il lavoro delle industrie di estrazione sono stati deviati e intombati i fiumi, come il Carrione il fiume principale che scende dalle montagne: l’industria aveva bisogno di un piazzale? Allora si è deciso di riempire il fiume – spiega Giuseppe Sansoni di Legambiente – coi blocchi di marmo, di fatto interrompendone il suo corso. Così quando il fiume scorre per le piogge, l’acqua riempie le strade. L’acqua che scende dalle Alpi Apuane è caratterizzata da un reticolo di torrenti carsici, facilmente vulnerabili, la federazione speleologica toscana li ha mappati con un sistema di tracciamento individuando le vie d’uscita dalle montagne.

Come la sorgente carsica del torrente Frigido, la più importante della regione, raccoglie acqua da un territorio vasto: il problema di questa sorgente è la polvere di marmo che si crea nel momento in cui viene cavato il marmo, una polvere sottilissima che con le piogge viene lavata e finisce nei fiumi. Non c’è solo marmo in questa polvere – spiega Flavio Bianchini direttore del Source International Onlus – ci sono tutte le sostanze che vengono utilizzate nel taglio del marmo e nell’operazione di cavatura, lubrificanti, oli, metalli pesanti, tutto questo fa morire le specie vegetali e animali, la maggior parte di questi fiumi dal punto di vista biologico sono morti.
Ma marmettola, questa polvere bianca, colora di bianco le acque dei torrenti fino al mare, lungo il percorso verso il mare si deposita sulle sponde, asfissiando ogni forma di vita animale e vegetale. Questi rifiuti speciali andrebbero raccolti nelle vasche per essere poi smaltiti: ma questo ha un costo e così le aziende di estrazione per abbattere i costi sversano la polvere lungo i pendii del monti, all’interno del corso dei fiumi e dei torrenti. Oppure la spruzzano nell’aria con delle idropulitrici, creando un ulteriore problema di inalazione, con tanto di problemi di salute sul lavoro.

Sono tutti reati ambientali: gli alpinisti e speleologi dell’associazione Apuane Libere hanno documentato e filmato tutte queste irregolarità, come le cavità carsiche portate alla luce dall’estrazione che, anziché essere intombate, sono messe a contatto con la marmettola.
Gianluca Bricconi spiega a Report che in tre anni hanno fatto 55 denunce e in cambio hanno ricevuto querele, perché i concessionari delle cave cercano di portali in tribunale.
C’è poi il problema dei pendii dove si accumulano i detriti, quando piove arrivano assieme alla marmettola al fiume Carrione fino a Carrara dove, dal 2002 ad oggi ci sono state 4 alluvioni.
“Possiamo dire che le cave sono una fabbrica di alluvioni” racconta ancora Giuseppe Sansoni di Legambiente.

La scheda del servizio: IL MARMO È PERPETUO

Di Bernardo Iovene

Collaborazione Lidia Galeazzo, Greta Orsi

Il marmo di Carrara è una risorsa dal valore incalcolabile, ma il suo sfruttamento ha lasciato un'impronta devastante sull'ambiente e ha generato conflitti secolari riguardo alle concessioni. Ancora oggi, la diatriba è su una frase contenuta nell’editto di Maria Teresa Cybo Malaspina, Duchessa di Massa Carrara che, nel lontano 1751, concedeva ai possessori delle cave un presunto diritto perpetuo di estrazione e di proprietà. I tentativi del comune e della Regione Toscana di normare la situazione non hanno prodotto risultati, se non ricorsi e cause civili che hanno visto prevalere gli imprenditori, che a tutt’oggi possiedono il 30% delle cave di Carrara, non pagano la concessione, creando un danno al comune di 4 milioni di euro l’anno. Di recente, gli imprenditori che gestiscono il restante 70% delle cave hanno firmato una convenzione con il comune, obbligati dalla legge regionale del 2015, che prevede gare pubbliche ogni 25 anni ma solo dal 2042. E il giorno successivo alla firma, gli stessi imprenditori hanno avviato azioni legali per rivendicare il presunto diritto perpetuo menzionato nell'Editto del 1751. È una storia infinita, che si svolge in un territorio dove le imprese del settore traggono guadagni milionari con un numero esiguo di dipendenti e margini di profitto che superano il 50% del fatturato. Un’anomalia assoluta in ambito industriale dove le aziende normalmente hanno un margine di profitto molto inferiore.

Il caso Santanché

Nascondere il “caso Santanché”, arrivato alla richiesta di rinvio a giudizio, diventa sempre più difficile per il governo Meloni. Ma a parte l’aspetto giudiziario, ci sono le telefonate, le testimonianze delle dipendenti, che non lasciano dubbi nel poter esprimere un giudizio nei confronti della ministra imprenditrice.


La dottoressa Federica Bottiglione ripete di fronte a Report che Santanché fosse a conoscenza del fatto che pur essendo in cassa integrazione, per il covid, stava continuando a lavorare: “conoscendo la dottoressa che si occupa di tutto in azienda, dal chiodo per il quadro al contenuto del consiglio di amministrazione, è difficile credere che non sapesse.”

Perché la ministra ha sempre negato: non sapevo, non mi occupavo dell’azienda, ma Report è venuta in possesso di documenti che contraddicono questa versione.
Come la mail dell’ottobre 2021 in cui la Bottiglione chiede informazioni sulla fine della sua cassa integrazione a Paolo Concordia, responsabile delle risorse umane di Visibilia, risponde “devo avere conferma dalla dottoressa di questo.”
La dottoressa è Santanché: con la ministra ha lavorato diverse volte durante il periodo della cassa integrazione, per i consigli di amministrazione e le assemblee, perché tutta l’attività dell’azienda non è mai fermata, anzi è stato anche un vanto, in un comunicato stampa ci si vantava pure che si continuasse ad operare “a pieno regime”, con lo Stato che pagava gli stipendi ai lavoratori. Con la cassa integrazione a zero ore, chi lavorava allora, gli gnomi?

Sul Fatto Quotidiano trovate una anticipazione del servizio a cura di Nicola Borzi, Thomas Mackinson, Davide Milosa

Cassa Covid, ecco le email che inguaiano Santanchè

STASERA SU REPORT - Il direttore del personale Paolo Concordia, indagato, coinvolse la ministra: sapeva dei dipendenti in Cig che lavoravano lo stesso

Si è sempre dichiarata estranea. Ma la linea del “poteva non sapere” per il ministro del Turismo Daniela Santanchè si sfalda davanti a due pezzi di carta di pochi grammi, come sotto il peso della pila di faldoni con cui la Procura di Milano l’ha avvisata della conclusione delle indagini per truffa sulla cassa Covid e per falso in bilancio in Visibilia, il disastrato gruppo editoriale-pubblicitario di cui la senatrice di Fratelli d’Italia è stata fondatrice e amministratrice sino a novembre 2021. L’accusa di truffa all’Inps verte sul fatto che 13 dipendenti di due società del gruppo Visibilia fossero in Cassa Covid a zero ore mentre in realtà lavoravano in presenza. Entrambi i documenti confermano quanto rivelato dal Fatto il 5 novembre 2022. Il 22 marzo 2020 Visibilia Editore comunicava che nonostante “le misure restrittive e la decisione del governo di chiudere tutte le attività non essenziali” non avrebbe “bloccato la produzione e la vendita dei giornali. L’attività operativa viene garantita in smart working e dove necessario fisicamente”. Il 20 aprile seguente il cda di Visibilia Editore, presieduto da Santanchè, deliberava “di mantenere invariato l’organico, ma di ricorrere allo strumento della cassa integrazione in deroga, con diversi regimi per il personale, dal 2 marzo 2020… La cassa integrazione ordinaria prevede il versamento al lavoratore di un’indennità pari all’80% circa dello stipendio”.

La scheda del servizio: LA SANTA RESA DEI CONTI

di Giorgio Mottola

Collaborazione Greta Orsi

Qualche settimana fa Daniela Santanchè è stata raggiunta da due avvisi di conclusione indagini per truffa all’Inps e per falso in bilancio. La ministra però continua a sostenere la sua totale estraneità rispetto alla gestione di Visibilia e delle altre aziende coinvolte nelle inchieste. Report è in grado di mostrare nuovi documenti che rivelerebbero il coinvolgimento diretto di Daniela Santanchè e le strategie messe in campo per evitare di pagare in prima persona i debiti delle sue società.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

20 aprile 2024

La polizia politica in uno stato democratico

Giorio conosceva le doti della polizia politica, composta da agenti vanagloriosi e meglio pagati rispetto ai loro commilitoni impiegati altrove. Poliziotti che, attraverso dispacci a volte creati ad arte con l’ausilio di spie prezzolate, facevano tremare i loro superiori per raccogliere plausi e conservare vantaggi. Poliziotti che inventano ribellioni o adunanze segrete. Si poteva dire che nessun cittadino potesse dirsi al riparo dagli abusi che commettevano. Non ultimo, su questo corpo gravava il sospetto di fare uso del ricatto per scopi sempre poco chiari.

Gli invisibili di San Zeno, di Alessandro Maurizi Mondadori editore - ispirato alla vita di Federico Giorio, poliziotto nell'Italia del 1882.

16 aprile 2024

Trudy, di Massimo Carlotto

 

Prologo

Da un lato fu il desiderio, dall’altro la necessità di appartarsi in un luogo tranquillo, a far incrociare i destini di tre uomini e di una donna alle ore due e venti del 27 gennaio 2008.

Scorrere le pagine di questo romanzo è come leggere in controluce certi articoli di cronaca che troviamo sui quotidiani nazionali o locali.

Aziende che sfruttano la manovalanza messa a disposizione da compiacenti agenzie, da finte cooperative, per migliorare le performance di profitto e frodare il fisco.

La criminalizzazione dei sindacati di base, finiti al centro di varie inchieste e accusati di reati spesso sfumati all’indomani del processo: sindacati a cui è rinfacciata la colpa di fare il loro lavoro, ovvero proteggere gli sfruttati e costringere le aziende a negoziare.
Il cuore segreto di una nazione che si fonda sul ricatto, sulla ricerca di notizie riservate sugli avversari o sulla protezione dei propri di segreti, quelli che devono essere custoditi col massimo riserbo per non distruggere per sempre una carriera politica, per non rovinare un segretario di partito.

Il potere che protegge sé stesso, come le carovane circondate dai cattivi indiani, coi suoi soldi, coi suoi potenzi mezzi: quel potere che di fatto è indistinguibile dal potere criminale con cui spesso si trova a braccetto. Negli scandali per corruzione, nelle ecomafie, nei cantieri per le grandi opere.

Per questa protezione serve del personale esperto, con tanto di pelo sullo stomaco, con conoscenze giuste nel mondo delle forze dell’ordine per carpire delle informazioni o per condizionare le indagini. Con le conoscenze giuste anche nel mondo dell’informazione, per creare un caso, per indirizzare una storia, per costruirci attorno il giusto vestito, affinché nessuna macchia di fango sporchi le persone che stanno sopra.

Come i pretoriani nella Roma degli imperatori.

Normalmente in qualsiasi romanzo l’autore presenta i suoi protagonisti man mano che scorrono le pagine: no, in questo romanzo Massimo Carlotto ha deciso di contravvenire anche a questa regola, perché nel prologo troviamo il racconto di un pretesto, l’evento di cronaca che ha fatto sì che i due protagonisti antagonisti arrivassero ad incontrarsi.

.. cosa vuole esattamente da me? L’uomo sorrise. – Offrirle un lavoro.
– Scusi?
– Ha mai pensato di passare al settore privato?

Da una parte l’oscuro commissario di polizia, Gianantonio Farina, chiamato da un senatore a distogliere l’attenzione da un caso di cronaca, un imprenditore che ha ucciso una prostituta e il cui nome deve rimanere sottotraccia, perché quell’uomo era molto vicino a pezzi grossi della politica, aveva anche contribuito alla stesura di leggi vicini al suo ambito lavorativo, il mondo della security privata.

.. il settore privato negli ultimi quindici anni si era sviluppato in modo straordinario in Italia, per difendere i clienti o per tutelare gli interessi di lobby e cordate poteva rivelarsi necessario annientare gli avversari attraverso attività di dossieraggio ..

Cosa meglio di un dossier delicato, per colpire un avversario? Specie oggi dove la politica spinge per limitare la pubblicazione delle intercettazioni per evitare che i peccati dei potenti possano essere svelati al popolo bue. Ma non c’è solo questo, come compiti nel comparto della sicurezza privata, ci sono anche le questioni di lavoro:

– Stasera bisogna caricare le rumene della Nuova Grafica e portarle fuori regione, – annunciò Baldi. – Ordine del Dottore. – Che succede? – Domani mattina i carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro di Prato si presenteranno per una perquisizione  a caccia di «fantasmi»...hanno ricevuto una soffiata dall’interno, una zecca che non si fa gli affari suoi la trovi sempre..

Stiamo parlando di quel genere di sicurezza per tutelare la propria immagine, se non i propri segreti, che puoi ottenere senza far ricorso alla giustizia per ovvi motivi: scioperanti che stanno bloccando la produzione, un investigatore troppo zelante. Oppure un commercialista della provincia lombarda che all’improvviso è scomparso senza lasciare tracce.

Questa è l’indagine che viene affidata alla NSG, l’azienda di sicurezza di cui Farina fa parte, dove viene chiamato “il grigio”, per il suo saper non ostentare il suo potere, per il suo sapersi muovere nei meandri del vero potere. Scoprire che fine ha fatto un commercialista di Merate, nel lecchese, che gestiva certi fondi di un certo partito politico: un personaggio senza troppi scrupoli sparito in una mattina di maggio.
Ecco che qui incontriamo il secondo protagonista, anzi la protagonista.

 Dov’è che devo andare? 
– A Cesenatico. Te ne vai al mare, – rispose Farina. 
– A far cosa? – chiese l’altro stupito. 
– A fare compagnia a Trudy.

Trudy, come la compagna di Gambadilegno, il lestofante nemico di Topolino: è questo il nomignolo che viene affibbiato a Ludovica Baroni, la moglie del commercialista pieno di segreti, che dopo la scomparsa del marito si è rifugiata nella sua casa a Cesenatico, lontano da tutti. Ma non dagli occhi degli investigatori della NSG che devono sorvegliarla. Ma per quale motivo devono sorvegliare questa donna dall’aria così comune, una “bambolina” dalle belle forme, come la chiama uno di questi? E per quale motivo il committente della NSG è così interessato a capire che fine abbia fatto il commercialista scomparso?

Baroni è convinta che sia fuggito con un’altra donna, e non ha mai detto o accennato nulla in merito al denaro che Riva gestiva per conto vostro.

– Non mio, – chiarí in tono brusco il senatore. – Un partito è una macchina complessa..

Il grigio, ovvero il dottor Farina, che da ex poliziotto si è ritrovato ora nel ruolo di pretoriano, custode dei segreti del potere, della classe dirigente del paese. E dall’altra parte l’ex commessa di un negozio che aveva ceduto all’insistente corte del ricco del paese, magari sperando vivere il suo sogno, quello che la sua famiglia, la sua vita, non le avrebbe mai consentito di raggiungere.

Viene spiata, Ludovica, osservata e intercettata tutti i giorni, per capire se sa qualcosa, se può condurre ad una soluzione il mistero della scomparsa del commercialista dei potenti.

E man mano anche noi andremo a scoprire il dietro le quinte di questa storia, i segreti dietro quel matrimonio di facciata, ben lontano dal sogno di Cenerentola.

Pensava di avere tutto sotto controllo, il pretoriano Farina: sia per quella faccenda in Toscana, un sindacalista finito in coma dopo un’aggressione, un caso di cronaca che era stato abile nel dirottare verso una narrazione contro i sindacati di base, seguendo la pista di una faida interna. Credeva di controllare anche Trudy, cosa aspettarsi d’altronde da quella piccola donna?

Dopo aver letto Trudy, camminando per strada ti verrà voglia di guardarti le spalle.

Quanto sappiamo del volto del potere che le inchieste della magistratura riescono a mostrarci solo in parte e solo a sprazzi? Trudy è il racconto del nostro passato e del nostro presente, non farete fatica a far combaciare certi passaggi narrativi col nostro presente (sia nel mondo del lavoro che in certi equilibri di potere fondati sul ricatto): mai come in questo romanzo la frase “Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale ”, ha un sapore quasi ironico, una volta arrivati alla fine di questo romanzo, il cui finale è scolpito in queste parole

La lotta tra il bene e il male nella modernità non ha più eroi da esibire.

Che, in altre parole, vuol dire anche che gli unici eroi in questa modernità che ha un sapore così antico, sono proprio le persone comuni, la cui vita non è mossa solo da ambizione e cinismo.

La scheda del libro sul sito di Einaudi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


14 aprile 2024

Spigolature .. (a proposito di stampa libera e regime)

Oggi sembrano tutti delusi, i nostri editorialisti con l'elmetto, del fatto che l'attacco coi droni dall'Iran non abbia portato alla guerra.

La guerra contro l'Iran, che oggi è sotto monitoraggio dei nostri ministri, come Crosetto, l'ex lobbista dell'industria delle armi e Urso, ministro delle imprese che fino al 2021 con le sue imprese era in affari proprio con l'Iran.

Da l'Espresso:

Pezzi di ricambio di elicotteri. Giubbotti antiproiettile. Aerei adattabili all’uso militare. Incontri con alti funzionari della guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei. E un contratto di collaborazione con una società coinvolta in un’inchiesta per traffico di materiale «dual use», dal doppio uso civile e militare, esportabile solo con specifiche autorizzazioni ministeriali. Sono i contenuti, che L’Espresso pubblica in esclusiva, di alcune lettere commerciali e contratti riconducibili alla Italy world services, società di cui è stato legale rappresentante fino al giugno del 2018 il senatore di Fratelli d’Italia Adolfo Urso, presidente del Copasir, il comitato parlamentare che controlla i servizi segreti.

Oppure la guerra contro la Russia, dove il presidente Macron voleva mandare i soldati al fronte.

Lo stesso Macron che, leggendo sul Fatto Quotidiano, è il maggior acquirente europeo del gas liquido russo. Vedi il caso:

Parigi è il primo importatore di gas liquefatto russo in Europa. Nei primi tre mesi del 2024, la Francia ha aumentato silenziosamente e come nessun altro in Europa le importazioni da Mosca arrivando a 1,5 milioni di tonnellate di gnl, pari a più di 600 milioni di euro, più di qualsiasi altro Paese dell’Ue. È quanto emerge da un report del think tank Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea). Un dato che appare paradossale proprio mentre Emmanuel Macron ribadisce di non voler escludere l’invio di truppe Nato in Ucraina e si è ritagliato il ruolo di primo alleato di Kiev perché la Russia “non può e non deve vincere” questa guerra.

Certo, per leggere queste notizie diciamo scomode, che raccontano l'ipocrisia occidentale, servono giornalisti liberi, non sottoposti al controllo della politica, che sanno che devono rispondere delle notizie pubblicate, ma liberi da ricatti e censure.

Giornalisti che magari non intrattengono rapporti poco puliti coi servizi segreti, come successo anni fa con un ex giornalista di Repubblica oggi a Il Giornale che nei giorni scorsi si è messo a scrivere proprio dei colleghi di Report e del segreto di stato posto sull'incontro di Renzi con l'ex dirigente del DIS Mancini.